Dopo aver manifestato a Milano sotto l’ambasciata ungherese e aver ospitato Andràs Arato, direttore dell’emittente radiofonica Klub Radio, tra le vittime della stretta autoritaria del premier Viktor Orban, AnnaViva è stata a Budapest per un’altra tappa di turismo responsabile. Dal 5 al 10 aprile abbiamo incontrato esponenti della società civile ungherese che ogni giorno lottano e protestano contro la deriva nazionalista imposta dal Viktator (gioco di parole tra il nome di battesimo del primo ministro e la parola ungherese “dittatore”), che sfida l’Europa e porge il fianco al dilagare di teorie negazioniste dell’estrema destra.
Nell’ultimo anno e mezzo, l’Ungheria ha assistito a un progressivo smantellamento dei principi sui quali si fonda una democrazia liberale. Bavaglio alla stampa, limiti all’indipendenza del ramo giudiziario e a quella della Banca centrale ne sono solo un esempio. Le modifiche apportate alla Costituzione senza alcun dibattito parlamentare stanno pesantemente limitando le libertà individuali e i diritti civili. Ci sono giornalisti che ogni giorno si chiedono se potranno andare in onda, come gli 80 professionisti di Klub Radio, e altri che da 120 giorni portano avanti lo sciopero della fame, come Balàzs Nagy-Navarro, licenziato dalla tv di Stato per essersi opposto alla censura.
A questo si aggiunge il nuovo piano regolatore approvato dal governo che sta cambiando il volto della capitale del Paese. Le autorità hanno infatti deciso di rimuovere dalla piazza davanti al Parlamento le statue del poeta dissidente Attila Jozsef e quella del primo ministro Mihaly Karolyi, noto per le sue simpatie socialiste. Occorre fare spazio alla creazione di un parcheggio sotterraneo, ha spiegato il governo. Secondo la società civile ungherese, invece, dietro a questa scelta si nasconde un più ampio progetto politico volto a riscrivere la storia del Paese.