Novaja Gazeta 28.02.2015
Boris Nemtsov è stato ucciso a Mosca. Gli hanno sparato a due passi dal Cremlino, sul ponte Moskvoretsky, a trenta metri dalla discesa Vasil’evsky. Non serve esaminare la versione dell’accaduto che ha portato all’uccisione del politico. L’omicidio è stato un tremendo atto di terrore politico nella storia della nuova Russia. Adesso è condannato a diventare il simbolo di quel paese che abbiamo costruito negli ultimi quindici anni. Un paese nel quale le parole si scontrano con le pallottole e affogano nel sangue.
Il castello di carte della stabilità russa, che ha vacillato per tutto il 2014 è andato in fumo il 27 febbraio 2015.
Boris Nemtsov era conosciuto in tutto il paese. Giovane governatore della provincia di Nizhnij Novgorod negli anni ’90, è stato nominato come il successore di Boris Eltsin. Gradualmente i riformatori uscirono dal grande gioco governativo, ma Nemtsov, a differenza di molti altri, non lasciò l’arena politica. Nell’”Unione delle Forze di Diritto”, “Solidarnost’” e “RPR-Parnas” (Partito Repubblicano Russo) condusse le sue crociate contro la mancanza di libertà nel paese. Fu uno degli ultimi candidati indipendenti alle elezioni di Sochi, città delle olimpiadi, del 2009. In molti non lo amavano ma la maggior parte di coloro che lo hanno conosciuto ammettono: era un uomo giusto, dalle forti convinzioni e coerente con esse.
Traduzione di Anna Agliati