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Bielorussia, Mikalai Autukhovich ha bisogno di un intervento urgente

20130107_155932Il prigioniero politico Mikalai Autukhovich ha una grave malattia dentale e ha bisogno di un intervento urgente, ma questo non può essere eseguito in carcere.

L’attivista per i diritti umani Aleh Vouchak sottolinea che la permanenza in carcere del prigioniero politico scade tra pochi mesi e ha esortato le autorità a concedergli libertà vigilata in conformità con la legge.
“Il prigioniero è stato accusato e condannato per il possesso di cinque cartucce di pistola, non è pericoloso per la società”.

Mikalai Autukhovich è da quasi cinque anni in prigione a Grodno, in Bielorussia, vicino al confine con la Polonia e la Lituania. L’uomo, un imprenditore che ha combattuto contro la corruzione a Vaukavysk, è stato condannato a 5 anni per possesso illegale di armi da fuoco, ma secondo gli attivisti per i diritti umani Autukhovich è stato obbligato dalle autorità ad ammettere la sua colpevolezza e costretto a stare più volte nella cella di isolamento come punizione.

Mikalai Autukhovich ha invitato gli attivisti per i diritti umani a tenere d’occhio Mikalai Alikhver, un ex ufficiale della Guardia di Finanza che ora vive negli Stati Uniti. Secondo il prigioniero politico, l’ex investigatore è coinvolto nella progettazione del caso contro di lui.

Bielorussia, “Liberate Ales Byalyatski”

Ales Byalyatski

Il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia, Miklos Haraszti, ha sollecitato il governo bielorusso “all’immediato rilascio senza condizioni” dell’attivista Ales Byalyatski.

Miklos Haraszti ha detto, in una dichiarazione rilasciata il 2 agosto, che la detenzione di Byalyatski è “il simbolo della repressione contro i difensori dei diritti umani.”

Ales Byalyatski, che ha contribuito a fondare all’opposizione il Fronte Popolare e che dirige il gruppo per i diritti umani Vyasna (Primavera), è stato condannato nel novembre 2011 al 4 anni e mezzo di carcere con l’accusa di evasione fiscale.
Le accuse derivavano dal presunto utilizzo da parte d Byalyatski di conti personali in Lituania e Polonia  e di aver ricevuto finanziamenti, da parte di donatori internazionali, per attività a favore dei diritti umani in Bielorussia.

Amnesty International  ha dichiarato Ales Byalyatski “prigioniero di coscienza” e vari leader occidentali hanno chiesto il suo rilascio incondizionato.

 

Fonte: Radio Free Europe

Bielorussia, vietato dire “dittatura”

LUKASHENKO BielorussiaTrasmettiamo uno degli ultimi articoli pubblicati da www.infobielorussia.org sulla situazione della popolazione della Bielorussia di Lukashenko:

Questa volta la mia conversazione è con una persona della minoranza polacca in Bielorussia. Devo sforzarmi molto per farla parlare, è visibilmente preoccupata. Oltre alle parole che ho riportato mi racconta anche di occasioni in cui ha parlato con qualcuno e poi ha scoperto essere un agente del KGB. Al di là del fatto che lo sia stato davvero o meno va comunque registrata la realtà di un popolo che vive nel sospetto e nella paura, esattamente come ai tempi dei regimi comunisti, quando ogni interlocutore poteva essere un agente della polizia segreta. Proprio per questo tutti gli elementi identificativi della mia interlocutrice sono stati omessi con particolare cura. All’inizio lei mi spiega che chi ha radici polacche può richiedere la Karta Polaka, documento di cui avevo già parlato nell’articolo sull’emigrazione bielorussa in Europa.

Tu hai la Karta Polaka?
Si, ce l’ho. Ma dal momento che ho ricevuto la Karta Polaka nessuna impresa statale qui in Bielorussia mi assume più. E’ una regola non scritta: è vietato assumere chi ha la Karta Polaka e chi studia in Polonia. Possiamo lavorare solo nelle imprese private.

Che sono poche, visto che in Bielorussia il 70% dei posti di lavoro sono statali…
Primo, le imprese private sono poche, secondo non tutte le imprese private assumono volentieri chi ha la Karta Polaka.

Sapevo che viene privata del lavoro la gente che si impegna politicamente, ma non avevo mai sentito che anche chi ha la Karta Polaka…
Nelle zone dove la minoranza polacca è forte, come a Brest o a Grodno, questo problema non c’è, perché se facessero così mancherebbe la gente da far lavorare, ma nel resto della Bielorussia ci sono poche persone che hanno la Karta Polaka, e così chi ce l’ha viene discriminato.

Questo è un altro degli aspetti in cui si vede che è una dittatura e non un Paese normale. Appena pronuncio la parola “dittatura” la mia interlocutrice si ammutolisce, fa una pausa, e con una scusa si allontana, per ritornare poco dopo. Si vede che prende tempo per decidere se continuare la conversazione o meno. Da una parte vuole raccontare, dall’altra teme di esporsi troppo. Quando ritorna provo a rilassare l’atmosfera, poi riapro il tema “dittatura” e lei riprende:
Se qualcuno viene a sapere che parlo te di queste cose, e che ti dico che è una dittatura, rischio due anni, due anni e mezzo di prigione.

Scherzi?
No, dico sul serio. Qui in Bielorussia dopo le ultime elezioni non potevamo neanche battere le mani in pubblico.

Parli delle manifestazioni silenziose, l’estate 2011?
Si. E ti dico che le mie telefonate sono controllate. Una volta ho parlato al telefono con mia cugina, che mi ha detto che voleva ricevere la Karta Polaka, mi ha chiesto di aiutarla. Poco dopo aveva un esame all’università e il suo professore all’esame invece di farle domande sulla materia, le ha chiesto:
– Il tuo cognome è [omissis], pensi di essere polacca?
– Si.
– E vuoi ricevere la Karta Polaka?
– Questi sono affari miei.
– Devi sapere che in Bielorussia non ci sono mai stati polacchi. Non sei polacca, il tuo cognome è russo, devi cercare le tue radici da un’altra parte.
– Non è vero. I miei nonni sono polacchi.
Hanno discusso a lungo, alla fine lui le ha detto:
– Questa volta l’esame è superato, ma se farai la Karta Polaka, tu il prossimo anno l’esame con me non lo passi.
Lei alla fine ha deciso di non fare la Karta Polaka.
Quando io l’avevo appena presa il KGB ha convocato un’altra mia cugina, che lavora come [omissis – lavoro unicamente statale] e le hanno detto: “Se fai la Karta Polaka come tua cugina, allora te ne devi andare in Polonia, perché qui non ci sarà più lavoro per te”.

I parenti di quelli che fanno la Karta Polaka vengono dissuasi dal richiederla a loro volta?
Si. Quando io dicevo di voler fare la Karta Polaka, ma non l’avevo ancora ricevuta, [omissis – membro della famiglia] è stato convocato dal direttore dell’azienda dove lavora. Nella stanza vi erano anche altri tre uomini. Due facevano domande e il terzo annotava tutto. Gli hanno chiesto: “Tu sei polacco, una piccola minoranza in Bielorussia. Ti senti qui male? Ti senti trattato diversamente dagli altri?” e tante altre domande. Lui ha dovuto rispondere a tutte le domande, ha dovuto firmare il verbale della conversazione, e appena è tornato a casa mi ha telefonato e mi ha detto: “Se ti fai dare la Karta Polaka non farti vedere più a casa mia!”

E cosa pensa la gente che conosci? Sono a favore del regime, sono contrari?
Tra la gente che conosco sono pochissimi quelli che protestano. Non so cosa dire, perché la maggior parte della gente nasconde quello che pensa. Ognuno ha paura, non sa chi è la persona che ti sta davanti, con cui stai parlando…

Chi è allora che va alle manifestazioni?
Soprattutto i giovani.

E la gente più anziana?
La gente più anziana lo sostiene, a mia madre ad esempio gli piace Lukashenko.

E in campagna?
La gente in campagna vive molto male e allora spesso parla male di lui. Ma prima delle elezioni lui dà molte esenzioni, aumenta gli stipendi, e così tutti dicono che va bene.

E cosa dovrebbe succedere, per cambiare la situazione?
Non so. Penso che l’opposizione non fa niente di buono. Per esempio non c’è un leader dell’opposizione per il quale vorrei votare.

La conversazione verso la conclusione passa agli aspetti visibili dell’economia centralizzata del regime, la ridottissima presenza del piccolo commercio, la quasi completa assenza di chioschetti e bancarelle così presenti in tanti paesi del blocco ex-comunista…

Prima del 1994 qui c’era tutto, tanti chioschi, anche nei sottopassaggi. Era interessante passeggiare in città, guardare, comprare qualcosa. Ma quando è arrivato il nuovo presidente tutto è dovuto essere statale. I piccoli chioschi sono stati chiusi. E adesso un po’ alla volta chiudono anche i mercati. Li vogliono chiudere perché vi operano molti piccoli imprenditori, e ogni persona che gestisce la sua attività è una persona che non dipende dallo stato, e che pensa liberamente.

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Sogno Bielorusso, il documentario di Ekaterina Kibalchich

Per chi non è riuscito venire ieri sera alla proiezione di Sogno Bielorusso, ecco il documentario con sottotitoli in italiano:

Il film ci introduce nelle vicende recenti della Bielorussia. Raccontato in prima persona da un anonimo narratore che intreccia la sua storia personale a quella del suo paese, ci fa rivivere la Primavera di Minsk, la preparazione delle elezioni presidenziali del 2010, concluse con gli eventi del 19 dicembre 2010, con l’arresto di centinaia di persone, tra cui 7 candidati alla presidenza.
Il film, in maniera intelligente e coinvolgente, riesce ad appassionare alle vicende di questo piccolo popolo. Sogno Bielorusso mostra una società estranea all’autocommiserazione che sa trovare nelle difficoltà la forza di resistere con irona, fantasia e con uno sguardo ottimista sul futuro.

La regista Ekaterina Kibalchich: “Il film è stato già visto da centinaia di migliaia di persone in Bielorussia, nonostante le autorità lo avessero vietato. È diventato molto popolare nonostante il budget limitato. Abbiamo girato il film facendo molta attenzione a non attirare l’attenzione statale ed è stato montato a Mosca perché a Minsk sarebbe stato troppo pericoloso. La Bielorussia prima era un piccolo e tranquillo paese europeo, adesso è un paese dove le persone vengono arrestate per strada perché battono le mani, dove le conversazioni telefoniche sono controllate e dove le macchine fotografiche dei reporter vengono illegalmente confiscate. Molti giornalisti indipendenti bielorussi sono stati costretti a lasciare il paese. Io credo che Sogno Bielorusso sia diventato così popolare perché è un film vero, onesto. Non è stato realizzato per partecipare ai festival o per trarne vantaggi economici. Per me è una storia sincera, che parla della mia vita e dei miei sogni.”

Per informazioni: http://infobielorussia.org

#Belarus, la dittatura si consolida

Il dispotico regime del piccolo padre Lukashenko ha organizzato finte elezioni nello scorso fine settimana.
Il cento per cento dei seggi è andato a sostegno della tirannia.
L’opposizione (parte della quale è in cella) denuncia brogli.
Minsk rischia un ulteriore isolamento internazionale.
Gli abbracci di Berlusconi al dittatore rimarranno quindi un unicum.
No pasaran!

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Crisi degli orsetti volanti: la Ue non ritira gli ambasciatori da Minsk

L’Unione europea esprime solidarietà alla Svezia finita nel mirino della dittatura bielorussa per aver bombardato con orsetti di peluche il sacro suolo.
Ma non ritira i propri ambasciatori:
http://www.asca.it/news-Bielorussia__solidarieta__Ue_a_Svezia__no_ritiro_ambasciatori_da_Minsk-1186709-ATT.html
Più critico il Consiglio d’Europa che chiede a Lukashenko di tornare sui suoi passi:
http://www.ilmondo.it/esteri/2012-08-10/bielorussia-consiglio-europa-lukashenko-si-isola_73620.shtml
Più orsacchiotti per tutti!

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Orsetti democratici. Lukashenko fa arrestare due giornaliste

Lukashenko spiega perché ha espulso l’ambasciatore svedese. Ha violato le regole:
http://www.asca.it/news-Bielorussia__Lukashenko__la_Svezia_ha_violato_gli_accordi_281_update29-1186351-ATT.html

Non spiega invece perché si accanisca sulla sua gente. Arrestate due giornaliste “colpevoli” di aver fotografato gli orsetti democratici:
http://it.euronews.com/2012/08/10/bielorussia-arrestate-due-giornaliste-per-il-caso-degli-orsachiotti/
Arrestatelo!

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