Denis Bilunov, amico di Annavia, ma prima ancora attivista e membro del movimento di opposizione russa Solidarnost fondato con Boris Nemtsov, ricorda così l’amico barbaramente assassinato a Mosca:
“Boris, con la sua brillante biografia e la sua fantastica energia, conosceva una quantità infinita di gente. Verrà ricordato dalle belle parole di decine di migliaia di persone; da coloro che lo consideravano un amico, che lo sostenevano o che erano semplicemente conoscenti, da quelli con cui faceva kitesurf o coi quali aveva condiviso la cella di una prigione per 15 giorni. Con tutti loro Nemtsov ha trovato l’occasione per sorridere, scherzare, fare battute e citare aneddoti e, tra uno scherzo e l’altro, proporre idee che sono riuscite a conquistare i suoi interlocutori.
Il suo brutale omicidio colpisce ancora di più perché è difficile incontrare al mondo una persona che ami così tanto la vita, in tutte le sue manifestazioni. Era solito dire che bisogna sopravvivere a Putin. Ma ora, con Boris disteso a faccia in giù sul marciapiede, questo non è più possibile!
Nemtsov è stato il mio capo per circa due anni, insieme a Garry Kasparov. Hanno finanziato il movimento “Solidarnost” e io ne ero il direttore esecutivo. Ma considerarlo un capo era molto difficile. Si è sempre comportato in modo amichevole e la sua passione per la vita, il suo esuberante edonismo, hanno reso la nostra collaborazione qualcosa di ben diverso da un tradizionale rapporto di subordinazione.
Entrai per la prima volta in contatto con Nemtsov quando ero a Sochi, nel corso della campagna per le elezioni comunali, quando dirigevo il suo quartier generale. Come al solito, le autorità non ci concessero l’utilizzo di uno spazio dove poter fare campagna elettorale e incontrare la gente e sottoposero a minacce e provocazioni tutti coloro che cercavano di aiutarci. Ma Boris non si lasciò scoraggiare. Anzi. Organizzammo la propaganda nei mercati e sulle spiagge. Nemtsov amava stare in mezzo alla gente e sapeva come radunare la folla e appassionare gli ascoltatori.
Qualche tempo dopo, andai da Boris nella sua casa nella periferia di Mosca (era piuttosto modesta, aveva due stanze in affitto) per un incontro su questioni burocratiche che sarebbe dovuto durare circa mezz’ora. Passammo insieme il giorno intero: facemmo sport, andammo in sauna e sua moglie ci preparò la cena. Il tempo volò discorrendo di lavoro e di punti di vista sulla vita, attraverso battute e aneddoti tramite i quali, come al solito, Nemtsov non dimenticava di dettare la sua linea.
Discutevamo spesso, e ancora più spesso Nemtsov discuteva con Kasparov, anche di inezie, ma poi Boris trovava sempre un modo per appianare le cose.
Al di là di tutto ciò, io credo che l’esperienza di Solidarnost sia stata molto importante: un’organizzazione dove non esiste un solo e unico leader, un piccolo esempio che serve da modello per il futuro della Russia. Non abbiamo bisogno né di zar, né di segretari generali, né di Napoleoni; é questo ciò che, al di lá delle ambizioni personali, avevano ben compreso Nemtsov e Kasparov.
Come è noto, nel dicembre 2011 Nemtsov ebbe un ruolo chiave nella decisione di trasferire il raduno da Piazza della Rivoluzione a piazza Bolotnaja. Se questo non fosse successo, forse avremmo potuto fare di meglio. Ma penso che Boris abbia agito solo in conformità con le sue convinzioni (e non perché stipulò un accordo dubbio, come qualcuno cerca di far credere).
Boris sembrava non temere nulla; in piazza era sempre al centro dell’azione, si esponeva nei discorsi pubblici criticando duramente il governo e, spesso, Putin.
Per il suo ruolo, per il suo coraggio, Boris Nemtsov ha pagato il prezzo più caro. Era un uomo veramente libero e con sincerità voleva più libertà per noi e per la Russia.
Era un uomo libero e lo hanno ucciso. A lui memoria eterna.
(Traduzione di Pamela Foti, revisione di Marina Davydova)