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Intervista anonima a un tenente di polizia OMON: “Putin ci ha imbrogliato”

Riportiamo la notizia tradotta e pubblicata da Cristian Zinfolino sul suo blog Bibrinews:

Ol’ga faceva parte del cordone di sbarramento alla “Marcia dei milioni” il 6 maggio a Mosca. Si è a lungo rifiutata di essere intervistata, sostenendo che non avrebbe cambiato nulla, né nei rapporti tra potere e polizia, né nei rapporti tra polizia e cittadini. Alla fine, ha accettato di fare una intervista in condizioni di anonimato. Ol’ga ci ha raccontato per quale motivo i suoi compagni non amano né il potere, né l’opposizione e per quali ragioni lei e i suoi colleghi credono ora solo in Dio.

Pensa che la reazione degli OMON verso il movimento di protesta è stata adeguata?
No. La reazione è stata inadeguata. Ma l’OMON non prende da sola tali decisioni. Abbiamo un comando: prova a non ubbidire o a non farlo. Io so che gli stessi soldati non volevano agire con tanta violenza.
Il 6 maggio per un po’ sono stata nel cordone di sbarramento lungo la strada e dopo ho compilato dei verbali e ho compiuto le pratiche necessarie per l’arresto. A volte sono anche io stessa ad arrestare. Certo. Ma noi arrestiamo in maniera selezionata: nel nostro distretto c’è un generale molto credente e la sua politica è “non toccare le persone pacifiche”.

Quindi il 6 maggio avete preso esclusivamente gente non pacifica?
Per quello che capisco io, le persone non pacifiche sono gli ubriachi, quelli che fanno uso di droghe o quelli che provocano una rissa di massa o spingono i cittadini e gli OMON ad azioni aggressive. Il 6 maggio da me sono stati portate solo persone così.
In generale, quel giorno l’atmosfera si era così riscaldata che non era possibile prevedere come sarebbe andata a finire. E a noi donne è stato chiesto di uscire dal cordone ancor prima dell’inizio della manifestazione.

Come avete capito che ci sarebbero stati dei disordini?
Abbiamo i nostri informatori. Ci hanno comunicato che si stavano preparando gli skinhead, i nazionalisti e gli anarchici e in quale luogo ciò avveniva. Ci hanno detto che ci sarebbero state persone predisposte alla violenza.
Tra quelli per cui ho firmato l’arresto il 6 maggio, ho visto persone molto anomale. Non ho trattenuto nessuna persona arrestata per  motivi inesistenti.
In generale, oltre a quelli che manifestano perché amano il loro Paese, tra i manifestanti ci sono molte persone anomale. A esempio, Udal’cov, secondo me, è matto. Capisco che lui sia per la Russia, che lui è un idealista, ma se lei avesse visto come si è comportato al commissariato! Io lo avevo già visto prima del 6 maggio, quando è stato portato da noi per essere arrestato. Lui urlava, rideva e piangeva, saltava, batteva le mani, si è tolto lo maglietta e se l’è avvolta intorno alla testa. Eravamo otto persone: poliziotti, avvocati, il nostro capo e non sapevamo proprio cosa fare con lui. Con ciò io non voglio certamente negare che lui sia uno psicologo molto bravo. Riesce a vedere attraverso le persone.

Lei come si rapporta alla protesta in sé, ai suoi obbiettivi?
In modo negativo.

Cioè a lei tutto quello che sta avvenendo in questo Paese piace?
Non mi piace per niente! Né a me, né a nessuno dei miei colleghi. Putin ci ha imbrogliato. Ci ha promesso una salario e ce ne ha dato un’altro. E non solo per questo non ci va bene: a noi non piace né lui, né la sua politica. Tra di noi, di persone soddisfatte non ce n’è neanche una. Ma io non capisco come queste manifestazioni possano cambiare la situazione.
Se noi non andiamo alle manifestazione con i rinforzi, ci licenziano. Prima del 6 maggio un nostro ragazzo entrando in servizio ha detto «Io non vado. Non mi pagano per farlo. E non voglio incastrare dei semplici cittadini». E’ stato licenziato due ore dopo!
A queste manifestazione proprio nessuno vuole andare, perché non veniamo pagati. Te ne stai lì fino a mezzanotte, ti insultano e ti istigano all’uso della violenza, e quando tutto finisce, nessuno organizza un mezzo per portarti a casa.
Per la garanzia dell’ordine durante le manifestazioni viene stanziata una certa quota di denaro, ma ai lavoratori ne arriva tutta’altra.

Nel giorno della salita alla presidenza di Putin, l’OMON ha arrestato la gente semplicemente perché indossava un nastro bianco. Cosa mi può dire a riguardo?
Per quanto ne so, gli OMON sono stati incaricati di isolare i “nastri bianchi” e i loro avversari. Perché temevano lo scoppio di scontri.

Cioè questo è stato fatto per la sicurezza dei manifestanti?
In un certo senso sì. Perché avevano previsto disordini di massa all’indomani del 6 maggio.

La polizia ha un senso di alienazione dal popolo?
Sì.

E’ un male?
Forse non è né un bene né un male. Non è in nessun modo.

Qui può cambiare qualcosa?
Io credo poco che il rapporto della gente con la polizia possa cambiare. A esempio, nel giorno del mio compleanno è venuto da me un autobus pieno di colleghi in uniforme. Si sono fermati davanti alla porta cantandomi Buon Compleanno. Una mia vicina è uscita e ha detto: “Guarda quanti idioti nel solito posto…”. Se io giro per strada in uniforme, iniziano a fischiare, a battere le mani…Ma se bisogna dare attenzione a tutti gli stupidi, ci si offenderebbe molto. E l’umore deve rimanere positivo…

E esiste un senso di alienazione dallo Stato?
Sì, esiste, e non va bene. Perché lo Stato non ci sente. Tuttavia, se vediamo qualcuno contro lo Stato, lo arrestiamo. Non molto tempo fa, alla fermata della metro “Studenčeskaja” delle persone si sono avvicinate, hanno iniaziato a gridare qualcosa contro il Governo e il Presidente. Li abbiamo presi, abbiamo redatto il verbale e li abbiamo rilasciati. Nessuna multa, gli abbiamo semplicemente detto che non c’è bisogno di urlare, non c’è bisogno né di manifesti né di slogan.

Una persona può dire di essere contro lo Stato?
Certo che può. E’ suo diritto.

E perché non c’è bisogno di manifesti?
Non so. (Ridendo)

Che cosa ha cambiato la riforma della polizia?
Ha semplicemente cambiato il nostro nome (N.d.T.: in precedenza, milizia) e hanno buttato via tanti soldi. Ci abbiamo tutti riso sopra.s

Cosa mi dite di Nurgaliev (N.d.T.: Ministro della Difesa)?
Di lui non possiamo parlare bene, perché non ha fatto nulla di buono per noi. Nurgaliev aveva un posto vacante nel governo. Grazie a lui anche la nostra uniforme è peggiorata. Ad esempio, per la mia altezza e il mio corpo di misure non-standard, ricevere una scorta di uniformi gratuite è stato pressoché impossibile. Mi sono dovuta cucire l’uniforme ordinata con i miei soldi!
Con Nurgaliev la mia paga è di 22400 rubli (537€). E talvolta lavoriamo dalle sei del mattino fino alle undici di sera, e spesso fino a mezzanotte.

E adesso quanto prende?
43700 rubli (1047€). Credo sia decente. Ma provi a pensare: possono colpirmi alla testa in ogni manifestazione; io, quando esco per chiamate ordinarie, posso beccarmi una pallottola. Io rischio la mia vita per 43700 rubli.

Fonte: Snob   Traduzione: Cristian Zinfolino

Identità islamica in crescita in Cecenia

Diana Markosian, Special for USA TODAY

SERZHEN-Yurt, Cecenia – Seda Makhagieva, 15 anni, ha dovuto lottare per indossare l’hijab, un foulard che alcuni musulmani dicono deve essere indossato dalle donne e le giovani ragazze. “La mia famiglia, in un primo momento, non mi aveva permesso di indossarlo,” dice la ragazzina cecena con il capo e il collo avvolti da una sciarpa color pastello, che nascondono ogni ciocca dei suoi lunghi capelli castani. “Dicevano che ero troppo giovane. Mia madre batteva me e mia sorella ogni giorno, ma non mi importava: io sono musulmana, ed è mio dovere indossarlo”. La metà delle ragazze della classe di nono grado di Seda nel villaggio ceceno di Serzhen-Yurt, nei pressi della capitale cecena Grozny, ora indossa l’hijab. Una rottura netta con la tradizione locale. Nelle generazioni passate, le donne sposate in Cecenia tenevano coperti i capelli solo con un piccolo foulard a forma di triangolo in segno di rispetto e pudore. Ma queste ragazze fanno parte di una nuova tendenza nella repubblica che ha visto due guerre negli ultimi decenni e un aumento del rispetto di norme musulmane fondamentaliste. Alcuni musulmani stanno combattendo contro di esse. “Io non volevo che indossassero l’hijab. Ho insistito, urlato e le ho persino picchiate“, ha detto la madre di Seda, Rosa Makhagieva di 45 anni, le cui tre figlie vestono tutte quante con larghi vestiti modesti. “Mio marito era contro di me. Diceva:«Se non consenti a loro di indossarlo, costringerò anche te a metterlo!»”. Anche se l’Islam arrivò nel Caucaso del Nord circa 500 anni fa, decenni di repressione religiosa sotto il comunismo hanno reso difficile mettere in pratica. Ora le moschee sono piene di fedeli ogni giorno, e l’hijab sta diventando sempre più popolare. Molti ceceni stanno accogliendo il risveglio islamico dopo quasi due decenni di brutale guerra contro le truppe russe in cui sono stati uccisi circa 200.000 ceceni. Per i ceceni più giovani, l’Islam sta diventando la pietra angolare dell’identità, in sostituzione degli orrori che hanno vissuto, come –per esempio – la vita toccata in sorte ai rifugiati che vivono in tende e supermercati abbandonati nelle repubbliche confinanti del Dagestan e dell’Inguscezia. “Questa generazione ha perso la sua infanzia a causa della guerra”, ha detto l’imam Yasrayel Ayubov di Serzhen-Yurt, che ha nove moschee per i suoi 5.000 residenti. “La loro formazione è stata interrotta, e sono cresciuti durante la notte. Eppure, riguardo all’Islam, i giovani sono molto più istruiti e attenti rispetto alla generazione precedente.” Da quando, nel 2007, è stato nominato dal Cremlino leader ceceno, Ramzan Kadyrov, 35 anni, ha cercato aggressivamente di presentare la Cecenia come la nuova emergente regione musulmana della Federazione Russa. Il suo governo ha avviato una campagna aggressiva per promuovere l’Islam e per rafforzare le tradizioni cecene. In tutta la Repubblica stanno spuntando fuori decine di moschee e istituzioni islamiche, mentre le stazioni televisive locali stanno accrescendo il volume della programmazione dedicata alla identità islamica della Cecenia. “Oggi la Cecenia si posiziona attivamente non solo come una parte relativamente autonoma della Federazione Russa, ma anche come centro musulmano”, ha detto l’analista russo Nikolai Petrov del Carnegie Moscow Center. Nonostante la separazione tra Chiesa e Stato in base al diritto russo, le scuole cecene ora devono promuovere l’Islam. Ci sono aule di preghiera in quasi ogni scuola e un rigoroso codice di abbigliamento, che costringe tutte le studentesse a coprirsi il capo a scuola. Molti non condividono queste decisioni. “Non ne capisco il senso. Non cambia nulla se ci si copre la testa a scuola”, ha detto Khadizhad Barshigova, 14 anni, che ama ascoltare la musica pop e guardare commedie americane. Il processo di islamizzazione in principio è stato spontaneo. Le donne che indossavano il velo sono stati premiate con un premio. Ora tutte le donne e le ragazze, a prescindere dalla loro religione, devono rispettare il codice d’abbigliamento islamico, indossando un copricapo, maniche lunghe e gonne sotto il ginocchio nelle scuole pubbliche e negli edifici governativi. Coloro che si rifiutano diventano bersagli. Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto che documenta un’ondata di attacchi contro le donne senza copricapo, l’anno scorso. Alcune ragazze hanno riferito di essere state molestate, alcuni anche percosse, per non aver osservato il codice di abbigliamento islamico. L’alcol adesso è vietato a tutti, e le autorità incoraggiano a prendere più mogli. Nei saloni per capelli e nelle palestre la divisione di sale per soli uomini e sale per sole donne sta diventando la norma. Molti musulmani qui si oppongono a quella che chiamano un’interpretazione errata della legge islamica. “Non tutti hanno reagito bene”, ha detto l’insegnante Malika Taramova, 20anni. “Ora gira la voce che presto tutti gli insegnanti dovranno indossare un hijab. I miei genitori mi hanno detto che mi proibiranno di lavorare ancora, se questo accadrà davvero”. All’interno della palestra del liceo di Seda, un gruppo di ragazzi palleggia con un pallone da basket mentre quattro ragazze vestite con lunghe gonne fluenti e con le teste avvolte in sciarpe li osservano con sguardo assente dagli spalti. “Ragazze, non dovete restarvene lì – grida Vakha Dzhamarzaev, allenatore nella palestra della scuola. “Su, andiamo!”. Seda e le altre tre ragazze ridacchiano come se avessero scambiato l’ora in palestra per un’ora di gossip. “È sempre più difficile insegnare loro”, ha detto Dzhamarzaev. “Le ragazze non indossano le loro uniformi da ginnastica perché si sentono a disagio assieme ai ragazzi. Questo non è mai accaduto prima”. Nella caffetteria della scuola, le ragazze discutono di ragazzi e Islam. Poche hanno l’ambizione di andare al college o farsi una carriera. Però tutte hanno fidanzati stabili che sono “veri” musulmani. “Ti raccontiamo un segreto”, mi dice Khedi Konchiyeva, 15 anni, a bassa voce. “Ci piacciono i ragazzi, ma seguiamo le regole dell’Islam. Allah ci ringrazierà nella prossima vita”.

Trad. di Massimo Ceresa

http://www.usatoday.com/news/world/story/2012-03-21/chechnya-islamic-revival/53693048/1