Qualche giorno fa, dalle colonne del Corriere della Sera, Vladimir Putin ha detto di considerare quello con l’Italia un “rapporto privilegiato”. E immediata è arrivata la replica del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che ha detto che l’Italia “ne è consapevole e soddisfatta”. Ma AnnaViva no. E insieme a noi molta parte della società civile.
Annaviva si chiede come sia possibile mantenere rapporti di amicizia con un colui che a poco a poco spegne la voce del dissenso, costringe all’estero gli avversari politici, rende possibili processi farsa e si prende gioco di chi crede che la difesa dei diritti civili sia un valore irrinunciabile. AnnaViva si domanda come si possa ignorare ciò che sta accadendo proprio qui dietro l’angolo, in Ucraina.
Noi non mettiamo la testa sotto la sabbia. Come ci ha insegnato Anna Politkovskaja, noi non vogliamo fare come i “funghi che si nascondono sotto una foglia facendo finta che le cose negative non esistano ma poi sono destinati ad essere colti e mangiati”. Non riusciamo a chiudere gli occhi davanti alla morte e al sacrificio di centinaia di persone che stanno combattendo una guerra che ha come solo scopo quello di soddisfare la fame dello zar di Russia e il suo desiderio di ricreare i fasti dell’Impero sovietico.
È per questo che oggi abbiamo condiviso la piazza con i nostri amici ucraini. Mogli, figli, amici di chi ora lotta in un conflitto che viene quotidianamente strumentalizzato da Mosca e da Washington. Annaviva non intende partecipare a questo “gioco” delle parti. A noi interessano solo quelle persone che, da ambo le parti, perdono la vita per una guerra che non è loro.
Oggi, a circa 100 giorni dall’uccisione di Boris Nemtsov, l’ultimo oppositore in ordine di tempo ad essere stato assassinato per aver avuto il coraggio di dire il suo no alle politiche espansionistiche di Putin, Annaviva è tornata in piazza per ribadire che questo non è il tempo delle “idee tiepide”. Perché Annaviva ha il vizio della memoria e non dimentica.