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Slovacchia, tra oblio sovietico e centrali Enel

Tra le fenici sorte dalle ceneri dell’ex blocco sovietico c’è un oscuro e dimenticato paese chiamato Slovacchia. Non la Cecoslovacchia o la Slovenia, con cui spesso viene confusa, ma la Repubblica Slovacca; un unicum nel suo genere.

Con un occhio sugli standard europei e l’altro rivolto all’anima più storicamente slava del paese, la Slovacchia si trova oggi in un crocevia, geografico ma anche politico. Con un Pil in crescita anche in tempo di crisi, il piccolo ma emergente stato slovacco gode dei più alti indici di democrazia della zona mitteleuropea. Piazzandosi al 26esimo posto per libertà di stampa (Italia 61esimo) e al 38esimo posto per indice di democrazia, la Slovacchia è stata definita la tigre dell’Europa Centrale.

Per le strade del paese si percepisce una forte volontà di affrancarsi dall’etichetta di paese ex sovietico, con poderosi slanci all’occidentalizzazione per proporsi all’Europa come attore credibile. Ma quello che si incontra fuori dai centrum finanziari è uno scenario da film americano oltre cortina: i “business man” poliglotti di griffe vestiti che siedono ai lussuosi lounge ai piedi del castello di Bratislava, stridono fortemente con i tanti senzatetto e le opulente signore che ancora cercano di metabolizzare la fine del comunismo. Ad un economia dinamica, forte degli ingenti finanziamenti esteri si contrappone uno standard di vita tutt’altro che occidentale con salari medi di 307 € .

L’oblio in cui è caduto il paese fa riflettere su come l’antico uso sovietico del silenzio in merito ai rapporti internazionali influenzi ancora oggi i rapporti degli ex satelliti con il resto dellEuropa.

L’attuale Primo Ministro Robert Fico, espressione dell’ex partito comunista, è oggi al potere dopo le elezioni anticipate di marzo che hanno portato alla caduta del governo di centro. È stato proprio Fico a firmare nel 2007 un accordo con l’ amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti per l’apertura di nuovi reattori nel sito di Mochovce, grazie al più grande investimento straniero nel paese di 2,775 miliardi di euro.

Il maggior operatore di energia slovacco, la Slovenske Elektrarne è al 66% proprietà dell’Enel, di cui lo Stato italiano detiene il 34,2% delle partecipazioni. Su un area che è appena il doppio di quella della Lombardia sono attive dagli anni del regime comunista, due centrali nucleari (con un totale di quattro reattori e due in costruzione) che utilizzano ancora le tecnologie sovietiche. Come requisito per entrare a far parte dell’Ue è stato chiesto alla Slovacchia di chiudere i reattori di Jaslovske Bohunice; oggi al suo secondo mandato Fico ha espresso la volontà di avviare la costruzione di una nuova centrale. A sottolineare la stretta interconnessione tra interessi economici e politici nel Paese è stato il giornalista Tom Nicholson, ex caporedattore dello Slovak Spektator. Il dossier Gorilla, pubblicato a fine 2011, riporta le intercettazioni degli incontri tra uno dei proprietari del gruppo finanziario Penta e i più alti vertici del governo – tra cui anche il segretario personale di Fico. Lo stesso Nicholson, denunciato poi per diffamazione, ha dichiarato che la Slovacchia si trova oggi in una condizione di State capture, riferendosi alla situazione in cui attori non politici riescono ad influenzare su larga scala le decisioni prese a livello parlamentare e governativo su temi come privatizzazione e approvvigionamenti pubblici.

Per fatti risalenti al suo primo mandato, Robert Fico è stato accusato di corruzione; ma nel suo curriculum viene esaltato il suo impegno per i diritti civili. Il ruolo del governo slovacco in seno all’Unione Europea è quello di portavoce delle economie emergenti: cosa aspettarsi da questa timida tigre a cavallo tra Oriente e Occidente?

di Rita Chiara Mele

Alluvione in Russia, tutta colpa della pioggia?

“I gerarchi si sono impantanati in ogni fase dell’alluvione di Kuban (Russia, piccola regione sul fiume omonimo). Le dimensioni del disastro avrebbero potuto essere minori se nelle province colpite fosse esistito un governo locale attivo”. Questo è l’inizio della traduzione di un articolo di Gazeta.ru fatta da Cristian Zinfolino per Bibrinews.
“Se Tkačev lavora realmente, già da tre giorni, come un vero governatore della regione, allora sorge spontanea una domanda: i poteri locali cosa fanno in queste situazioni? Per quale motivo le autorità locali hanno dimostrato alla gente di non saper lavorare nelle situazioni critiche?” – sebbene la solennità, con cui il governatore della Kraj di Krasnodar esprime il proprio giudizio su di sé in terza persona, risulta comica dalle labbra dello stesso, la cui amministrazione costantemente è accompagnata da fallimenti e scandali, si può essere d’accordo con lui. L’impotenza, l’irresponsabilita e il cinismo dell’autorità e dei servizi locali nella regione Crimea di Kuban è andata oltre il consentito.

Tkačev ha ragione a lamentarsi. Ma è necessario aggiungere che i funzionari che hanno fallito sono suoi diretti dipendenti. Inoltre, hanno adempito ai loro doveri, se non per sua diretta scelta, almeno con il suo consenso. Il sindaco di Krymsk, Ulanovskij, eletto solo due mesi fa in un’atmosfera buona che lo dava come favorito, e il capo della provincia di Krymsk, Krut’ko, sono compagni di partito del governatore e del tutto asserviti a lui come i funzionari subordinati dei gerarchi lo sono ai funzionari superiori. Anche se, formalmente, gli organi locali di governo non sono inclusi nella gerarchia, praticamente sono invischiati in essa.

Stizzito il governatore di Kuban ha licenziato il direttore della polizia provinciale Krut’ko. Per quanto riguarda Ulonovskij, la decisione sul suo destino lavorativo è stato ancora rinviato solamente perché la campagna elettorale imprevista, per l’elezione del nuovo sindaco, è una questione che richiede una precisa riflessione di governo.

Il fallimento dei presunti leader delle popolazioni locali è evidente.

Tra l’altro, Vasilij Krut’ko, alla vigilia del suo licenziamento e successiva partenza verso una meta sconosciuta, è riuscito anche, con tutto il patos dei burocrati, nemici nati di qualsiasi spirito d’iniziativa, a denunciare i volontari arrivati in soccorso nella provincia di Krymsk per il tentativo di aver “incentivato il caos e aggravato la situazione”.

Ma questi funzionari avrebbero potuto fare qualcosa di più, oltre che cadere nella confusione più totale, del tutto compatibile con la salvezza dalla catastrofe, delle loro famiglie e proprietà?

In ogni situazione, compresa quella che riguarda la minaccia di catastrofi naturali, il potere gerarchico deve richiedere al suo personale di rispettare, anche se assurdo in apparenza, le sue logiche procedure. Per questo è anche una gerarchia. Insomma: se succede qualcosa, a esempio un possibile pericolo di alluvione, l’ufficio meteo locale informa le autorità provinciali a riguardo; le autorità provinciali chiedono cosa fare alle autorità della kraj, preferibilmente al governatore; e il governatore si rivolge a Mosca, preferibilmente al presidente. Il presidente, con il coinvoglimento di tutte le sezioni interessate, analizza la questione e impartisce degli ordini inevitabili (ad esempio, suonare la campana, informare la popolazione locale attravero i bollettini in Tv, concentrare in città una suddivisione del Comitato Operativo per l’Emergenza, e così via). Questi ordini vengono dati a subordinati, nelle province, e solo dopo di essi vengono messi in atto dalle autorità locali.

Se il ritmo degli eventi non permettesse di conformarsi alla presente procedura, le autorità locali spesso cercano di non fare nulla. O, in casi più rari, se si tratta di persone importanti, tifate dai loro concittadini, sono pronte a snobbare una possibile ira delle autorità superiori per la loro felicità, lottano contro le forze della natura a proprio rischio e pericolo, anche a dispetto di ogni etica. Ma non tutti possono essere degli eroi.

Tutto questo riassunto non è poi così lontano dal non essere una barzelletta, come sembra. L’incapacità di reazione alla famosa nevicata che colpì San Pietroburgo nel 2009-2010 trova una spiegazione proprio nel fatto che la nevicata è caduta in città a fine dicembre – proprio quando la gran parte dei dirigenti della città si è messa in viaggio per mete più calde per le tradizionali vacanze natalizie.

I funzionari rimasti a San Pietroburgo non sapevano a chi rivolgersi per togliere la neve dalle strade. Quindi, in ogni caso, hanno rinunciato a improvvisare e due settimane di nevicate straordinarie hanno prodotto un fruscìo di carte nelle riunioni di pronto intervento. E a prima vista, hanno proceduto in modo del tutto razionale, a giudicare dal punto di vista dei loro personali interessi d’ufficio. Difatti, alla fine a San Pietroburgo si è dovuto cambiare il governatore, e il governatore ha cambiato completamente tutti i funzionari, compresi quelli consapevoli del fatto di dover rimozione la neve.

Il potere gerarchico dai suoi soggetti passivi vuole obbedienza, un essere leccapiedi, una mancanza di iniziativa, ma come si scopre nel corso del tempo, non da loro garanzie di carriera, e inoltre cerca di dare loro la colpa per il proprio sistema fallimentare.

D’altronde questo è solo il rischio professionale dei burocrati. Ma per milioni di persone comuni è un problema costante, che si trasforma a volte in un grande disastro. Questa è la quasi totale assenza del nostro governo. L’assenza di persone, selezionate dal loro ambiente, che si occupino dei bisogni quotidiani della gente locale e solo davanti a loro dare delle risposte. Non filtrate dall’alto dai deputati-imitatori, da agenti del potere senza cervello, non mandati “per nutrire” i signori feudali, ma i loro rappresentanti veri, per i quali il rispetto dei connazionali non sono parole vuote.

Se gli abitanti di Krymsk e delle zone circostanti avessero una tale rappresentanza, forse non penserebbe in anticipo a come risolvere la minaccia di inondazioni? E magari diserterebbero con vergogna tale, da lasciare i loro concittadini in difficoltà?

Il governo locale senza alcuna autorità si impegna in alta politica. I suoi obiettivi sono puramente mondani. Ma è il fondamento di ogni democrazia vivente. Forse è proprio per questo che la giurisdizione della gerarchia in ogni villaggio è l’ossessione del sistema di potere, che non si cura dei sempre più persistenti fallimenti”.

A quando la prossima alluvione in Russia?

Le donne cecene terrorizzate da un ritorno dei delitti di onore islamici sostenuti dal Presidente.

di Diana Markosian – Special to The Washington Times

29 Aprile 2012

ACHXOY-Martan, Cecenia – Il governo ceceno è apertamente a favore delle famiglie che uccidono i parenti di sesso femminile che violano il loro onore. Così questa repubblica della Federazione Russa abbraccia un’interpretazione fondamentalista dell’Islam, dopo decenni di repressione religiosa sotto il regime sovietico.

Negli ultimi cinque anni, i corpi di decine di giovani donne cecene sono stati trovati gettati nei boschi, abbandonati nei vicoli e lasciati lungo le strade della capitale Grozny, e dei villaggi vicini.

Il Presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha detto pubblicamente che le donne morte erano di “facili costumi” e sono state giustamente uccise dai parenti maschi. Ha continuato a descrivere le donne come proprietà dei loro mariti, dicendo che il loro ruolo principale è quello di fare figli.

“Se una donna va in giro e se un uomo va in giro con lei, entrambi dovrebbero essere uccisi“, ha detto Kadyrov, che spesso ha dichiarato che il suo obiettivo è rendere la Cecenia “il più islamico tra i Paesi islamici”.

Nella Cecenia di oggi, l’alcol è del tutto vietato, sono stati introdotti codici di abbigliamento islamico e i matrimoni poligami sono incentivati dal governo.

Alcuni osservatori dicono che il tentativo di Kadyrov di imporre la legge islamica viola la Costituzione russa, che garantisce la parità dei diritti per le donne e la separazione tra Stato e Chiesa.

“Siamo una società tradizionale e conservatrice, ma il governo ha esagerato”, ha detto Lipkhan Bazaeva, responsabile del Centro Dignità delle Donne, un’organizzazione non governativa che promuove i diritti delle donne a Grozny. “Stanno mettendo dei limiti inaccettabili ai diritti delle donne: come individuo, la donna non ha alcun diritto, anche se il marito la picchia, nonostante le leggi russe.”

Anche se gli osservatori concordano sul fatto che i delitti d’onore sono in aumento in Cecenia, la questione rimane in gran parte tabù tra i locali – è molto difficile trovare delle statistiche ufficiali.

“Si sente parlare di questi casi quasi ogni giorno” ha detto un difensore dei diritti umani del posto, che ha chiesto di non rivelare il suo nome poiché ha paura per la sua sicurezza. “È difficile per me indagare su questo argomento, ma su di esso ho lavorato con [l’attivista per i diritti umani] Natasha [Estemirova] per un po’. Ma, ora non posso più farlo. Ho troppa paura ora. Ho quasi rinunciato”.

Estemirova, che ha irritato le autorità cecene con le sue denunce di torture, rapimenti e uccisioni extragiudiziali, è stata trovata morta nei boschi nel 2009 nella vicina Inguscezia con ferite da arma da fuoco alla testa e al torace. Il suo assassino o gli assassini non sono stati trovati.

Pochi osano sfidare apertamente la legge del signor Kadyrov. Ma gli attivisti sostengono che alcune giovani donne musulmane lo fanno clandestinamente, ponendosi in un tiro costante di guerra tra due sistemi di valori.

Milana, una studentessa che frequenta la nona classe a Grozny, mette uno spesso delineatore per occhi, indossa minigonne strette, fuma sigarette ed esce coi ragazzi: tutte cose vietate per una ragazza musulmana in Cecenia. Ha detto di aver sentito molte volte da suo padre: una ragazza cecena che perde la verginità prima del matrimonio è una prostituta, e Allah la punirà. “Se solo i miei genitori sapessero alcune delle cose che ho fatto!” dice con una risatina. “I miei genitori sono troppo severi con me, ma è come qui.”

Gli analisti dicono che uscire o vedersi con persone del sesso opposto può essere una via di fuga per gli adolescenti come Milana, che spesso vivono una doppia vita. “È grande la tentazione di rompere con la tradizione quando sono lontani dalle loro famiglie”, ha detto la signora Bazaeva. “Hanno un buon momento, ma non è senza conseguenze, non in Cecenia”.

In questo piccolo villaggio ceceno, i residenti parlano della ragazza che è stata uccisa ai primi di febbraio dopo aver trascorso una notte in casa del suo ragazzo. Il corpo della sedicenne è stato avvolto in un tappeto tradizionale e riportato a casa di sua madre. I suoi parenti sono sospettati di averla uccisa in nome dell’onore della famiglia.

Per sfuggire a questi severi costumi, alcuni giovani optano per un matrimonio precoce, che vedono come il via di fuga per l’indipendenza, l’attività sessuale e il rispetto sociale. Questo vale anche per i giovani uomini ceceni. Abu-Khadzh Idrisov, 20 anni, che si era sposato era ancora adolescente l’ha sperimentato sulla sua pelle, ha detto. Il suo primo matrimonio all’età di 14 anni è durato appena un anno. Poi si è sposato una seconda volta a 18 anni. Aveva visto la sua futura moglie in un parco a Grozny e, con l’aiuto dei suoi amici, l’aveva rapita. “Quando l’ho sposata, onestamente sapevo solo due cose: il suo nome e la scuola dove studiava. Avevamo parlato insieme solo una volta”, ha ricordato. “Ma noi abbiamo tradizioni e regole estremamente severe in Cecenia, e non si può semplicemente ignorarle. Io porto il nome della mia famiglia, e se lo vengono a sapere, avrò problemi”.

Trad. di Massimo Ceresa

http://www.washingtontimes.com/news/2012/apr/29/chechen-women-in-mortal-fear-as-president-backs-ho/?utm_source=RSS_Feed&utm_medium=RSS