Annaviva ne era certa: non sussistevano motivi per estradare Ivan Kostin in Russia. L’imprenditore, accusato in madrepatria di approvazione indebita, era sicuramente uno dei numerosissimi cittadini russi finito nei guai solo perché inviso a qualche potentato locale.
Lo avevamo sostenuto a più riprese.
Intervistando Kostin a Roma, dove – dopo qualche mese a San Vittore – era agli arresti domiciliari, in attesa dell’estradizione:
http://youtu.be/jInHMNzgNLI
Invitando la moglie e il giornalista Grigori Pasko a Milano il giorno della prima udienza di estradizione:
http://youtu.be/M0j-HPTiT9E
Già a marzo i giudici avevano chiesto ulteriori informazioni alle autorità russe, non giudicando sufficienti le carte trasmesse da Mosca: difficile per chiunque credere che Ivan avesse portato via, dall’azienda fondata dal padre, centinaia di litri di cognac invecchiato per sostituirlo con quello giovane e lucrare (milioni di rubli) grazie a questa operazione, senza che nessuno se ne accorgesse.
Per Annaviva valeva un po’ lo stesso discorso che riguarda il prigioniero politico Mikhail Khodorkovskij: si contestano reati fiscali per nascondere motivi molto più abbietti.
Ora è arrivata la sentenza della Corte d’appello di Milano, chiamata a decidere sull’estradizione dato che Kostin, del tutto ignaro del mandato di cattura, era stato arrestato proprio nel capoluogo lombardo, dove era venuto a seguire una fiera del vino; proveniva da Israele dove abitava da anni con moglie e figli e dove nessuna autorità aveva mai pensato di arrestarlo per rispedirlo in madre patria.
La Corte ha appena rigettato l’istanza di estradizione!
Kostin è ora libero anche se non potrà lasciare il paese prima di 15 giorni.
I giudici milanesi hanno negato che dietro la persecuzione giudiziaria ci fossero motivi politici. Certo, Ivan non è un “prigioniero politico“, ma bisognerebbe capire il contesto in cui nascono queste accuse, questi processi.
Un terzo delle persone in carcere in Russia ci finiscono per reati “economici”. E sono per lo più imprenditori e affaristi.
Comunque, la Corte d’appello milanese, pur non valutando la sussistenza di ragioni politiche, ha valutato insufficienti le prove prodotte per estradare Ivan in Russia.
Ora ci auguriamo che questi 15 giorni passimo in un soffio e che Ivan possa subito tornare in Israele ad abbracciare moglie e figli.
Così eviterà quel destino che Grigori Pasko (amico giornalista finito nelle celle del regime putiniano) prevede per i suoi connazionali nel bellissimo “Come sopravvivere alle prigioni in Russia” (Bollati Boringhieri, 2010): «Gli abitanti della Russia si dividono in due categorie: chi sta in galera e chi si prepara ad andarci».
Un libro che consiglio a tutti i giudici che valuteranno i prossimi casi di estradizione verso la Russia di Putin.
Andrea Riscassi