Proprio ieri sul “Venerdì di Repubblica” si poteva leggere un servizio sull’opposizione a Putin in difficoltà di fronte alla guerra tra Russia e Ucraina. Oggi opporsi a Putin – il succo dell’inchiesta – significa passare per nemici del nostro stesso paese.
Forse qualcosa, almeno nel manipolo che eroicamente si ribella al leader maximo che guida la Russia da più di due lustri, cambierà in queste ore. Nella notte è stato assassinato, su uno dei ponti moscoviti che portano al Cremlino Boris Nemstov. Classe 1957, liberale di razza, Nemtsov era stato vice primo ministro ai tempi di Eltsin ma da anni si opponeva allo strapotere di Putin, a questa democratura che – grazie a una massiccia propaganda televisiva – ha portato il paese alle guerre e allo sfascio economico.
Hanno sparato quattro colpi di pistola contro Nemtsov da un auto, mentre passeggiava con una giovane ucraina. Il tutto a poche ore dalla manifestazione anti-putiniana che l’opposizione ha convocato per il primo marzo.
Come per la Politkovskaja e Litvinenko, anche per l’assassinio di Nemtsov non sapremo mai la verità. A sparargli sicuramente un killer. Forse lui sì sarà arrestato, giusto per raccontare qualche balla in tv. Sui mandanti invece nessuno indagherà. Succede così da quando Putin è al potere. Continuerà a succedere finché Putin sarà al potere.
Anche Boris Nemtsov (che Annaviva aveva incontrato nel 2009 e 2011) è vittima di questo sistema. Anche se, come per Anna e Sasha, Putin dirà che è stato ucciso per mettere in cattiva luce il suo regime. Come se non bastasse, a tal fine, quanto lui stesso dice e, purtroppo, fa ogni giorno.
Alla famiglia di Nemtsov, ai suoi amici dell’opposizione putiniana, l’associazione Annaviva esprime massimo cordoglio e vicinanza.
Ciao Boris, che la terra ti sia lieve.